Adolescenti: educazione alle emozioni e ai sentimenti

Adolescenti: educazione alle emozioni e ai sentimenti

Le manifestazioni più note di emozioni poco regolate sono i comportamenti di rifiuto, demotivazione, disturbo, bassa partecipazione, sconfinamento dalle regole e dai limiti nonché i comportamenti aggressivi e a volte violenti. Spesso i ragazzi sono inconsapevoli di ciò che accade loro e delle conseguenze delle emozioni incontrollate: appaiono preda di loro stessi, scissi da un mondo interiore che ospitano ma che avvertono come straniero.

Mentre alcuni ragazzi faticano a contenere le proprie emozioni, altri non riescono a sentirle. Quest’ultimo fenomeno ha il suo esordio in adolescenza ma prende la sua piena forma in età adulta. Sempre più spesso, infatti, nelle stanze analitiche si osservano persone adattate all’ambiente esterno ma poco nutrite da un mondo interiore sentito come lontano da sé: soggetti apatici e con difficoltà estreme di entrare in contatto con il proprio dolore emotivo.

Perché è importante conoscere le proprie emozioni e i propri sentimenti?

L’educazione alle emozioni e ai sentimenti contrasta quell’epidemia di violenza, psichica e fisica, alla quale assistiamo tutti i giorni attraverso le notizie di cronaca. Educa all’espressione di sentimenti positivi, sensibilizza al sentire dell’altro permettendo di sviluppare empatia e senso di responsabilità, riduce l’apatia: insomma aiuta a sviluppare la maturità affettiva oltre che anagrafica. Un bambino o un ragazzo che cresce con adulti attenti non solo alla condotta scolastica, ai comportamenti adeguati e alla cura del corpo ma anche impegnati a sensibilizzarlo ai sentimenti, alle emozioni provate, alle esperienze vissute e condivise emotivamente, diventerà un giovane adulto con una buona maturità affettiva e relazionale.

Umberto Galimberti, filosofo, sociologo, psicoanalista e accademico italiano, dice che

“gli effetti di una «immaturità affettiva» che sfiora l´analfabetismo emotivo sono l´incapacità a esprimere sentimenti positivi come simpatia e gratitudine, abbozzi sessuali impersonali e non coinvolgenti, apatia morale con mancanza di sensi di rimorso o sensi di colpa, condotta antisociale, non episodica o impulsiva, ma costante, anche se ben mascherata, che mette capo a comportamenti delittuosi realizzati, come ci dicono le cronache dei nostri giorni, con freddezza e indifferenza.”

Cosa deve fare il mondo adulto?

Tutto il mondo adulto – famiglia, scuola, luoghi aggregativi o sportivi – ha la responsabilità di accogliere i bambini e i ragazzi, di parlare con loro, stimolando così la maturità psichica, dell’anima. Far vivere esperienze e poi parlare delle emozioni e dei sentimenti provati genera educazione alle emozioni e aiuta la comprensione di se stessi e degli altri.

Oggi, nelle stanze degli psicoterapeuti, non arrivano solo soggetti antisociali, deviati o borderline, nei quali la componente emozionale è eccessivamente sentita e agita. Si assiste anche a un fenomeno particolare: si osserva assenza di emozioni, vite vacue, lasciate correre su corpi privi di vivacità emozionale: soggetti trasformati in oggetti materiali.

Svariati maestri della psicoanalisi, da Massimo Recalcati a Cristopher Bollas, parlano di “uomo senza inconscio” e di “patologia normotica” proprio per descrivere questo baratro tra la vita di tutti i giorni, ben condotta e regolata dentro binari adattivi, e la pulsione vitale, creativa, emozionale che rende l’uomo un essere umano.

L’uomo normotico è dunque un soggetto ben orientato nella realtà oggettiva ma incapace di provare emozioni e sentimenti, è un soggetto fantoccio, asservito al volere indotto dalla società normalizzante.

A maggior ragione, sin dai primi giorni di vita, gli adulti si devono occupare di educare i più piccoli alle emozioni e ai sentimenti proprio per prevenire il disagio sociale generato dal rischio dell’analfabetismo emozionale.

 

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A cura di Francesca Vavassori, Psicologa
www.psicologovavassorimilano.it

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