Il tesoro nascosto: intervista a Chiara Corte Rappis
Appena pubblicato da La Memoria del Mondo, “Il tesoro nascosto” di Emilia Villoresi, poetessa e scrittrice di inizio Novecento, è una raccolta di fiabe, favole e poesie la cui attualità invita a riflettere sulle problematiche del nostro presente. La sua antenata, la dottoressa Chiara Corte Rappis, Psicopedagogista Clinica presso Spazio Eterotopico, ci spiega la modernità di questi scritti e sottolinea il ruolo della fiaba/favola in un percorso terapeutico con bambini e adolescenti.
E’ uscito da poco “Il tesoro nascosto”, libro che raccoglie fiabe, favole e poesie di Emilia Villoresi, sua antenata e donna di grande sensibilità e cultura. In che modo pensa che questi racconti scritti a inizio Novecento possano essere attuali?
Emilia Villoresi, era cugina prima di mia nonna materna, Isa Villoresi; donne di fine ottocento/primi del novecento, ma con ampie vedute di pensiero. Emilia non la ricordo, perché è morta nel 1979, ma mia nonna materna ho avuto modo di averla con me fino all’età di 17 anni. Le nonne hanno contato molto nella mia vita, e hanno influenzato i miei pensieri e i miei comportamenti, perché molto moderne, anzi direi contemporanee. In queste fiabe e favole si parla esplicitamente ed implicitamente, attraverso l’utilizzo di metafore, di temi molto attuali riguardanti la relazione genitori e figli e a tale proposito emergono elementi chiave di questa relazione come: la capacità di ascolto e la capacità di creazione, quando e come sia necessario intervenire per porre limiti e argini al godimento affinché emergano nei figli desideri profondi ed autentici. Queste favole parlano sia a noi come genitori, educatori, psico-pedagogisti e terapeuti, che ai nostri figli.
Cosa aveva colto Emilia di così contemporaneo?
Quello che Emilia aveva colto un secolo fa e che ha trasferito in questi racconti è che dovremmo riuscire a contrastare i pericoli e i rischi di un mondo che incita al consumo e al godimento fine a se stesso, ma che dovremmo riuscire a riscoprire, valorizzare, tutelare e coltivare le dimensioni del silenzio, della solitudine, dell’impegno, della fatica, dell’attesa, della responsabilità, del saper ascoltare l’Altro, perché solo in una cornice di questo tipo si riesce a maturare, a crescere, a creare, a testimoniare, a trasmettere, a educare e a sviluppare desideri profondi ed autentici per la nostra vita e per quella delle nuove generazioni. Come mette chiaramente in luce, in molti suoi volumi, un mio insegnante, lo psicoanalista lacaniano Massimo Recalcati.
Ci vuole spiegare la differenza fra favola e fiaba?
La fiaba è una narrazione antichissima originariamente orale, con il tempo si è sentito il bisogno di trasferire questa forma di racconto in un linguaggio scritto. Lo scopo delle fiabe è quello d’intrattenere, di divertire e di far sognare e dare anche insegnamenti di vita al piccolo ascoltatore. I luoghi in cui si svolgono sono: castelli, boschi e posti incantati, regni lontani ed infatti spesso iniziano con “c’era una volta” e i personaggi presenti in esse sono vari: uomini, donne, bambini insieme ad esseri soprannaturali/fantastici, come: re, regine, principesse, principi, fate, nani, streghe, orchi, folletti dotati sempre di poteri magici. Conosciute a livello internazionale sono le fiabe dei fratelli Grimm.
La favola nasce con uno scopo completamente diverso: non vuole intrattenere, come la fiaba, ma educare. Infatti la favola presenta sempre, al termine della narrazione, una morale, più o meno esplicita. I personaggi delle favole sono animali o essere inanimati, ma antropomorfizzati, cioè con caratteristiche umane, quali la capacità di parlare. I luoghi in cui si svolgono corrispondono spesso alla realtà. Il tempo della narrazione è indeterminato come per le fiabe: Un giorno, Un tempo, A primavera, D’inverno. Grande esponente delle favole è stato Esopo ( uno schiavo greco), altro grande favolista è stato Fedro, romano, che scriveva in latino, e la maggior parte dei suoi racconti sono traduzione dal latino delle favole di Esopo.
In che modo una fiaba può essere terapeutica in un percorso di cura con bambini e adolescenti?
Le fiabe sono un ottimo strumento di cura, secondo la Clinica della formazione.
La Clinica della formazione è una metodologia di ricerca, di studio, di consulenza e di supervisione volta ad esplicare le dimensioni latenti.
Per dimensioni latenti si intendono gli aspetti non manifesti, inconsapevoli, più profondi e nascosti, ma dai quali il nostro comportamento, il nostro agire, il nostro sentire risultano profondamente influenzati. Quindi rendendo manifeste parti di sé nascoste ed inconsapevoli si possono mettere in atto cambiamenti e trasformazioni a tutte le età della vita dall’infanzia all’età adulta.
Nello Spazio Eterotopico, che ha fondato, e in cui offre consulenza psicopedagogica a bambini, adolescenti e loro genitori si avvale mai di questo strumento terapeutico?
Mi avvalgo spesso di questo strumento perché ritengo possa essere di grande aiuto per i motivi detti prima. Inoltre le fiabe sono un ottimo strumento per comunicare con i bambini perché parlano nell’unico linguaggio che loro comprendono: un linguaggio simbolico fatto per immagini che si allinea con i loro processi mentali. I processi mentali dei bambini non sono ancora in grado di elaborare concetti, pensieri e ragionamenti astratti, ma sono in grado di costruire delle associazioni per immagini. Quindi le fiabe, come il gioco o il disegno, sono strumenti privilegiati per interagire con i bambini.
Dott.ssa Chiara Corte Rappis
Psicopedagogista Clinica presso Spazio Eterotopico – Accoglienza e consulenza psicopedagogica.
Via Giorgio Washington 16 – 20146 Milano
www.spazioeterotopico.it – e-mail: info@spazioeterotopico.it – cell: 349 - 7898300 – e-mail personale: chiara.corterappis@yahoo.it
Collaboratrice dell’Università degli Studi Bicocca di Milano
Intervista di Giovanna Canzi