Dall’infanzia all’adolescenza: gli anni delle montagne russe

Dall’infanzia all’adolescenza: gli anni delle montagne russe

L’adolescenza è una fase della vita caratterizzata da importanti cambiamenti fisici, psicologici e relazionali che spesso disorientano sia i ragazzi sia le figure adulte che si occupano della loro crescita. Proprio in questa età i conflitti interiori e con l’ambiente circostante sono all’ordine del giorno: si amplificano i contrasti e le incomprensioni con il mondo adulto; spesso ci si sente oscillare tra slanci d’autonomia e dipendenza relazionale, tra sbilanciamenti che passano dall’onnipotenza a cadute percepite come fallimenti.

Nell'attraversare questa fase delicata della vita, al senso di smarrimento si unisce la difficoltà dei ragazzi nel comunicare, nell’esprimere fatiche spesso percepite come ingovernabili e agite attraverso comportamenti in cui loro stessi non si riconoscono. Sovente sento i ragazzi porsi delle domande su questo loro nuovo modo di essere e spesso lo riconoscono scollegato, incomprensibile, appunto estraneo: “Perché mi sono comportato così? Non so che mi è preso ma ho perso il controllo! Perché a volte mi sento viaggiare come un treno e altre sono sotto terra? Perché ho mille progetti, idee ma poi non riesco ad iniziarne una che sia una? Non ho voglia di fare niente, di vedere nessuno, perché questo deve essere un problema? Il mio corpo fa schifo! Perchè è sproporzionato?”

Domande su domande che si ripetono come un mantra nella testa dei ragazzi quando si trovano con se stessi, quando possono trovare uno spazio di confronto tra sé e sé. Perché non è vero che a questa età non si pensa: si oscilla, con un movimento enantiodromico, che significa letteralmente “rincorrere l’opposto” , tra il pensare in maniera affannata e continua e l’arrestare il pensiero differendo.

Quali sono i cambiamenti in questo delicato periodo evolutivo?

In questo lungo percorso che caratterizza il passaggio dall’infanzia all’adolescenza i cambiamenti che contraddistinguono i ragazzi sono moltissimi. I principali sono legati al corpo, al ruolo sociale, alla relazione con i genitori, alla relazione con i pari età.

La perdita, o meglio la trasformazione, della propria persona in termini psicofisici annette a tale esperienza la complessità del separarsi dall’identità e dal corpo bambino. Non si è più bambini e non si vive più un tempo e una concretezza legata al presente e al fare ed è proprio per questo che lo sviluppo cognitivo e fisico proietta l’identità di un adolescente verso il futuro.

Il pensiero che contraddistingue questa età è anche metagognitivo, ossia capace di trascendere il concreto, capace di immaginare scenari senza necessariamente sperimentarli concretamente. Inoltre, se in età infantile la regola viene osservata ma sentita come qualcosa di esterno, in età adolescenziale i dettami sociali e morali vengono interiorizzati: l’adolescente sa contestualizzare ossia capire dove si trova e cosa può fare ed eventualmente scegliere di non rispettare e contestare.

La perdita di un ruolo sociale ben definito e riconosciuto dalla società, quello infantile e l’aspettativa del divenire adulto, sia soggettiva che sociale, non lascia scampo e apre un dialogo costante e intermittente con la sofferenza. La società stessa tende ad accogliere poco questa età. Spesso gli adolescenti vengono rinarrati dai media come devianti, problematici, pericolosi e questa marginalità, proprio per la già citata corsa all’opposto che identifica la declinazione psichica dell’uomo, genera nei ragazzi una maschera ostentata di sicurezza, di spavalderia, di onnipotenza e di invincibilità. Dentro, in realtà, si è fragili e alla ricerca di limiti, di accoglienza, di comprensione e di figure di riferimento adulte alle quali aggrapparsi e sulle quali poter contare.

Spesso i genitori e gli adulti che vivono vicino ai ragazzi di questa età si affannano nel cercare modi per entrare in relazione, comprendere e aiutare.

Penso non ci siano dei metodi che possono essere d’aiuto a tutti. A volte non c’è parola che possa supportare o spronare se non che la presenza attiva di una figura adulta che attraversa le fatiche, che sostiene, che lascia fallire senza giudicare, senza dispensare consigli ma “stando”.

 

A cura di: Francesca Vavassori, psicologa

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