Bambini e immagini violente: quali effetti?
Che tipo di rappresentazioni incontrano i bambini e dove sono più esposti a immagini violente?
Le immagini che vengono costantemente proposte e che costringono i bambini ad un’esposizione incontrollata e non libera sono:
- immagini commerciali/pubblicitarie (in strada, trai i palazzi e i viali delle città) che enfatizzano il prodotto per persuadere il potenziale acquirente. Impattano sui nostri occhi immagini di corpi di donne seminude, si propongono aggressivamente fotografie di prodotti commerciali, catturano i nostri sguardi maxischermi luminescenti che trasmettono ininterrottamnete lo stesso messaggio.
- immagini di violenza, di sparatorie, di uccisioni come quelle dei videogiochi a scopo dubbiosamente ludico.
- scene di violenza in televisione e nel virtuale.
“Per renderci conto della quantità di violenza a cui sono esposti i bambini è sufficiente fare un semplice calcolo: per esempio, un individuo che passa circa tre ore della sua giornata davanti alla tv, nel periodo che va dalla prima infanzia (2-3 anni) alla pubertà (14 anni) può in media aver visto 12.000 omicidi e 100.000 episodi di aggressione.” (C. Di Lorenzi).
Cosa significa violenza e in che modo viene proposta?
Secondo alcuni esperti la violenza è un tratto costitutivo del genere umano e della sua storia. Per J.P. Faye, filosofo francese, “sembra che ogni società nasca ai propri occhi nel momento in cui si dà la narrazione della sua violenza”. L’uomo è contraddistinto da zone d’ombra e di luce o, come ben descriveva Freud, il padre della psicoanalisi, l’uomo è in costante dialettica tra pulsioni di vita e pulsioni di morte: in quest’ultima si inserisce la violenza.
La violenza è in sintesi “l’insieme di azioni dirette a colpire uno o più individui, tali da infliggere loro sofferenze fisiche, morali, o addirittura morte”. In televisione passano numerose immagini cariche di violenza. Alcune rappresentano il reale attraverso l’ informazione nei telegiornali - guerre, uccisioni, terrorismo; altre immagini rientrano nella sfera dell’irreale poiché la violenza fa parte della logica della finzione: film, spot pubblicitari, cartoni animati.
Questa differenziazione tra immagini reali e finte è ben chiara al mondo adulto ma nei bambini, soprattutto in età prescolare, la differenza non è così chiara. Nei più piccoli il pensiero reale e quello irreale/magico non sono del tutto distinti anzi spesso si confondono generando un dialogo aperto e poco chiaro tra ciò che è vero e ciò che non lo è. Per questo motivo le immagini forti che si nascondono dietro una finzione sono le più soggette a interpretazioni equivoche nonostante possano essere legate al fantastico o molto lontane da una possibile esperienza vicina.
Quali effetti sui bambini?
Si sa che i bambini imparano e apprendono attraverso l’esplorazione di modelli imitativi osservati e messi in pratica. Il gioco di finzione non è altro che l’espressione massima di questa teoria: imitare la mamma che si prende cura del suo bambino, la maestra con i suoi alunni, il papà al lavoro, la mamma e il papà che litigano. Soprattutto dai 5 ai 12 anni sono più sensibili a tale modalità anche se la loro crescita e il loro sistema di valori si costruiscono non solo tramite l’imitazione ma attraverso fattori di natura culturale, sociale, genetica e psicologica.
Detto ciò alcune teoriche psicologiche relative allo studio sugli effetti delle immagini violente sui bambini dimostrano che una sovraesposizione del bambino a raffigurazioni shock induce comportamenti aggressivi verso gli altri e verso se stessi. Secondo alcuni studi l’esposizione a immagini forti produce uno stato di eccitazione che difficilmente si placa spegnendo la tv o togliendo il videogioco. Spesso questa carica non elaborata e accumulata diviene autodistruttiva oppure tende a far sviluppare una sorta di insensibilità alla sofferenza e alla violenza.
Per adattamento e auto protezione, il soggetto sovraesposto tende a diminuire l’intensità emotiva con la quale solitamente reagisce di fronte ad un evento shock. Altri studi sostengono che il sottoporsi a scene di violenza porti ad una visione pessimistica della vita e che per alcuni tali visioni generino un clima psicologico di paura e terrore.
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Francesca Vavassori è Psicologa iscritta all'Ordine degli Psicologi Lombardia. Oltre alla formazione in Psicologia si è laureata in Scienze dei Beni Culturali ad indirizzo storico artistico. Dall’inizio del suo percorso di studi si è orientata alla conoscenza della relazione tra psicologia e immagine.
Contatti: Tel: 329-0738734 e-mail: info@psicologovavassorimilano.it
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