Autosvezzamento: vi raccontiamo l’incontro con Lucio Piermarini, autore di "Io mi svezzo da solo"
Per chi ancora non lo sapesse, l’alimentazione complementare a richiesta, chiamata comunemente autosvezzamento, non è altro che la naturale prosecuzione dell’allattamento a richiesta. Non è semplicemente una tecnica per passare dall’alimentazione liquida a quella solida ma piuttosto un modo diverso, rispetto allo svezzamento tradizionale, di concepire il rapporto della famiglia col cibo e soprattutto di interpretare i comportamenti infantili. Infine, ed è bene ricordarlo, non si tratta di una “moda” ma di una pratica la cui efficacia si fonda su decenni di ricerche e sperimentazioni.
Naturalmente è impossibile descrivere qui la ricchezza dell’incontro (però è sempre possibile seguire Lucio Piermarini dalle pagine di UPPA, sito e rivista bimestrale), ma per non lasciarvi a bocca asciutta, ecco tre spunti di riflessione emersi domenica mattina:
Il bambino imperfetto
Il bambino non è una creatura perfetta alla quale bisogna somministrare cibo perfetto con grammature e composizioni predefinite, ma un essere umano le cui esigenze nutrizionali difficilmente coincidono con le media statistiche delle tabelle nutrizionali; un essere destinato ad attraversare periodi di crescita rapida e altri di crescita lenta, che non devono allarmare se lui è attivo e sereno. E la bilancia? Va usata il meno possibile.
La dieta giusta per i bambini non esiste
I bambini, ha spiegato Piermarini, non devono fare altro che adattarsi a poco a poco alle abitudini alimentari dei genitori, i quali hanno però il dovere di alimentarsi bene (come promemoria, appendiamo in cucina la piramide alimentare mediterranea) privilegiando i cibi semplici, gli ortaggi, l’olio di qualità e limitando al massimo tutto il resto. Così come abbiamo imparato a non preoccuparci della composizione esatta di ogni poppata al seno, ora è tempo di fare la stessa cosa con il cibo solido: il bambino merita di essere accolto a tavola per godere del cibo non solo come fonte di nutrienti, ma anche di esperienza sensoriale, affettiva e culturale.
Le tabelle non hanno un fondamento scientifico
A partire dal dogma dell’introduzione della pera a 4 mesi, tutte le pratiche di svezzamento fondate su tabelle, diagrammi e regole rigide, non sono sostenute da ricerche serie che ne dimostrino la validità.
Sono solo il risultato delle consuetudini consolidate, delle esigenze di praticità degli adulti, delle pressioni provenienti dall’industria del baby food e dell’inesperienza di molti pediatri poco ferrati in materia di nutrizione, che hanno trovato comodo e rassicurante affidarsi a questi strumenti, inventati da chissà chi.
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Di Federica Buglioni