Le parole del bambino: il pianto del primo anno. A cura di Pollicino Onlus

Le parole del bambino: il pianto del primo anno. A cura di Pollicino Onlus

Il pianto neonatale è la prima modalità con cui il bambino si relazione al mondo. Il momento del parto comporta l’allontanamento del bambino dal grembo materno, per entrare in una realtà in cui è indispensabile che una figura esterna soddisfi i bisogni e le esigenze dell’infante. Una delle funzioni più importanti della madre, infatti, è la sua abilità ad interpretare il pianto del proprio figlio, dando un significato e un senso a quell’urlo e alle sue espressioni.

Il momento della nascita comporta, per il bambino, una perdita: dovrà lasciare il grembo materno, il luogo caldo, sicuro e accogliente che l’ha protetto nei nove mesi di gravidanza. Per questo il primo pianto del bambino è un pianto che può anche essere letto come segnale di paura e di inermità dovuto alla prima separazione dalla madre.

Proprio per tale motivo, ciò di cui ha bisogno è qualcosa di rassicurante, che lo tranquillizzi e lo possa pacificare. Per placare lo stato di malessere del figlio, la madre offre la sua presenza, prendendolo in braccio, cullandolo e avvolgendolo con il contatto fisico. Ma non basta: infatti il bambino, che ancora non parla, usa il pianto per comunicare i suoi bisogni. Chi interpreta il suo lamento (generalmente la figura d’accudimento materna/paterna) trasforma questo urlo in una precisa richiesta, conferendogli cioè un significato. L’interpretazione più chiara e semplice data dalla madre è che il bambino possa avere fame e quindi la figura d’accudimento risponde con la proposta di cibo.

È importante tenere a mente che i bisogni del bambino sono molteplici e il cibo non è l’unica risposta. Il pianto dice anche qualcosa del desiderio.

Cosa significa? Che se al bisogno si risponde con specificità (“ha fame, quindi gli do il biberon”, “piange perché ha sonno, allora lo faccio dormire”), il desiderio rimanda piuttosto al piano della “domanda d’amore” . “Il suo desiderio è essere desiderato dall’altro”, sentirsi unico e insostituibile, chiedendo all’altro di occuparsi di lui come soggetto e non solo come oggetto da soddisfare rispetto ai bisogni.

Accanto al livello della fame, si trova il livello della domanda d’amore, una domanda espressa anch’essa attraverso il pianto del piccolo, ma alla quale non basta rispondere con del semplice cibo.

Per rispondere alla domanda d’amore posta dal bambino, non c’è bisogno del latte, perché non è solo questo che il neonato chiede. Il suo pianto, infatti, veicola un chiaro messaggio: quello di essere desiderato, amato e accolto.


Per approfondimenti si rimanda ai libri:
-“Sfamami” a cura di P. Pace e A. Mastroleo;
-“E io non mangio!” a cura di P. Pace e M. Bottiani

Articolo a cura di:
Associazione Pollicino e Centro Crisi Genitori Onlus
Via Amedeo d'Aosta 6 - Milano
info@pollicinoonlus.it - www.pollicinoonlus.it
Numero Verde: 800.644.622

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