Prendere in cura: immagini, simboli, a volte parole
“Durante questi anni… ho visto più di 500 quadri, alcuni di grandi dimensioni, in cui si trovavano le associazioni di colore più folli, figure verdi e rosse, proporzioni sproporzionate, cieli gialli, effetti di luce impossibili, esseri mostruosi e animali fantastici, paesaggi insensati, architetture sconosciute, fiamme infernali. Sotto forme inevitabili si realizzano sogni indescrivibili. La varietà di queste immagini non aveva eguali”. Ambroise Tadieur
Colore e emozioni: Rosso, tecnica mista - Alice Glass
Era la seconda metà dell’Ottocento quando alcuni psichiatri cominciarono a interessarsi alle produzione artistiche di svariati pazienti in sofferenza mentale, a interrogarsi su un notevole numero di opere adottando una lente interpretativa particolare: uno sguardo clinico viziato dall’esaltazione generata da quel gioco di seduzione che avviene davanti a un’esperienza estetica. Beh, ne è passato di tempo; oggi si può affermate con cognizione di causa che l’arte è uno strumento altamente significativo ed efficace nei processi di cura: è un linguaggio terapeutico.
Colori e emozioni: blu - Tecnica mista
Da qui si è partiti: dall’idea che un percorso terapeutico artistico, integrato con il lavoro d’equipe multidisciplinare (neuropsichiatri, educatori, psicologi, ecc.) e condotto da una psicologa specializzata nei processi di cura che si avvalgono di produzioni artistiche come linguaggio terapeutico, potesse essere esperienza significativa e necessaria per alcuni ragazzi della neuropsichiatria della Cooperativa Fraternità Giovani di Brescia.
E’ nato così lo Spazio Libero Atelier, un percorso terapeutico espressivo a orientamento psicodinamico, che ha coinvolto, tra marzo e luglio 2016, una decina di ragazzi provenienti dalle diverse strutture della cooperativa bresciana.
La sede ospitante – il Centro Diurno Raggio di Luna a Bedizzole – diveniva ogni giovedì una fucina di idee, immagini e azioni creative che ben raccontavano le vite consapevoli o inconsce dei giovani artisti. Ai ragazzi veniva dato uno spazio ben organizzato, al cui interno erano presenti i più svariati materiali artistici : un luogo nel quale si sospendevano tanto la parola quanto il giudizio.
Ai partecipanti si chiedeva di sostare il tempo necessario e sostenibile e di lasciarsi sollecitare, stimolare dagli strumenti artistici e dai temi proposti con l’intento di iniziare un dialogo, seppur timido, con i loro mondi e le loro immagini interiori. Spazio e tempo: due coordinate imprescindibili per qualsiasi tipo di terapia classicamente riconosciuta; eppure qui la parola non era necessaria, in alcuni momenti era volutamente assente e proprio grazie a quell’assenza si permetteva presenza.
Presenti erano le azioni creative che determinavano la corposità di alcune pennellate, l’accostamento violento di colori poco concilianti tra loro, i graffi su fogli bianchi. Ancora presenti erano l’angoscia da foglio bianco, le distruzioni e ri-costruzioni di immagini, i colori e la loro valenza emotiva, il sollievo davanti a un’immagine disturbante che emerge e che prende distanza dal sé. Insomma l’arte come linguaggio terapeutico esclusivo. Perché? Qual è il valore esclusivo?
L’arte, nella sua principale accezione, ossia quella eloquentemente espressivo-comunicativa, è ancora più efficace in ambito terapeutico per coloro che vacillano nella comunicazione verbale, per coloro che, immersi a volte nella caligine della sofferenza psichica o nel disagio sociale, faticano a trovare “spazi cristallini”.
In questi ragazzi l’espressione verbale appare compromessa, frammentata, disorientata e difficilmente può essere l’unico vettore comunicativo. L’utilizzo dell’arte come forma d’espressione può essere a volte l’unico modo per cogliere parti dell’anima, per poter comprendere la complessità che spesso non si può sintetizzare in parole.
Papavero Tecnica Mista
Ed è così che in Atelier si sono prodotte una quantità sorprendente di immagini che portano con sé vissuti emotivi di un’intensità singolare che si è ben integrata con il lavoro delle diverse équipe multidisciplinari alle quali va dato merito e valore.
A queste si deve un ringraziamento vivo per la capacità di dialogare con linguaggi diversi (arte, psicologia, neuropsichiatria, pedagogia, ecc), per aver dato fiducia a un processo di cura non sempre facilmente comprensibile e per lo sforzo organizzativo nel far sì che i ragazzi giungessero, concretamente e simbolicamente, alla mèta: in Atelier. Non a caso, tanto quanto gli operatori hanno sostenuto e compreso il senso del percorso, altrettanto, seppure a volte nelle inevitabili resistenze messe in atto, i ragazzi hanno partecipato e restituito immagini generose, ricche di narrazioni identitarie, di affettività: a loro si deve virtù, sostegno e gratitudine.
Colore e emozioni: Blu - Tecnica mista - Alice Glass
Margaret Naunburg, psicoterapeuta americana e figura pionieristica sul tema dell’arte come linguaggio terapeutico scriveva:
“Il processo dell’arte terapia dinamicamente orientata è basato sul riconoscimento che i pensieri e i sentimenti fondamentali dell’uomo derivano dall’inconscio e riescono ad esprimersi più spesso in immagini che in parole."
Colori e Emozioni: giallo Tempera su Carta
A cura di Francesca Vavassori
Francesca Vavassori è Psicologa iscritta all'Ordine degli Psicologi Lombardia. Oltre alla formazione in Psicologia si è laureata in Scienze dei Beni Culturali ad indirizzo storico artistico. Dall’inizio del suo percorso di studi si è orientata alla conoscenza della relazione tra psicologia e immagine.
Contatti: Tel: 329-0738734 e-mail: info@psicologovavassorimilano.it
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