Quando la bellezza cura la paura

Quando la bellezza cura la paura

Ci sono domande che sento spesso fare da genitori comprensibilmente preoccupati, talvolta angosciati, da ciò che ci accade intorno, da ciò che il terrore e l’orrore umano riesce sorprendentemente a produrre nei luoghi vicini e in quelli lontani:“ Come faccio a far crescere mio figlio in questo mondo? Come posso non farmi prendere dell’ansia quando si sentono notizie di attentati, di guerre non dichiarate e fuori controllo? Come posso proteggere i miei figli da azioni così cruente?”

Domande che si ripetono come un mantra nei pensieri di genitori e adulti che hanno a che fare direttamente e indirettamente con i più piccoli. Domande comprensibili indotte da emozioni forti: paura, istinto di protezione, rabbia. Queste emozioni sono un’inevitabile risposta a ciò che sta accadendo oggi, nella società del progresso, che illude di aver soddisfatto, quantomeno in occidente, ogni bisogno umano.

Eppure, mai come in questo periodo storico, l’uomo genera guerre che non finiscono mai, attentati vicini e lontani, morti in mare, racchiusi in una triste metafora come quella di “Cimitero nel Mediterraneo” , sparatorie e tanto altro ancora: una sovrabbondanza di violenza atroce, un’ossessione di notizie allarmanti, un sovraccarico di immagini esasperanti di corpi morti. Si vive in un clima di allarmismo indotto da un lato da una paura reale, dall’altro da un dilagare ridondante e paranoico di notizie votate a terrorizzare.

In questo scenario, generato e autoprodotto dal mondo adulto, ci sono i bambini che sanno ancora poco di ciò che li circonda, che vivono tra il mondo reale e quello magico, che ci sanno sorprendere sempre perché guardano là fuori con ingenuità e con quella freschezza che nutre l’adulto.

Tornando alle domande iniziali, credo che non ci possa essere una via percorribile certa, una pedagogia rassicurante e controllata che dia indicazioni chirurgiche su cosa fare o non fare per far crescere bene un bambino in questo contesto. Penso sia più utile e onesto, come adulto, fornire ai bambini una sorta di “cassetta degli attrezzi” con la quale affrontare il mondo perché, come sosteneva lo psicologo sovietico L. S. Vigotskij, il bambino è in relazione costante con l’ambiente che abita e ne è ineluttabilmente condizionato.

Se da un lato è necessario che l’adulto sia presente, guidi i bambini, fornisca loro strumenti critici e “lenti” su come leggere la società e raccontare, con parole semplici e trasparenza, delle sue zone di luce ma anche d'ombra, dall’altro lato

credo che uno degli strumenti più potenti che si possa fornire all’infanzia sia l’educazione al bello, alla sperimentazione di sensazioni ed emozioni buone, alla fruizione di immagini positive.

Sembrerà banale parlare di bellezza eppure mai come adesso l’uomo contemporaneo ha bisogno di ritrovare profondità e relazione con l’esperienza del bello: è una controtendenza, è quasi sovversivo, esprimersi in questo contesto dove il brutto, il violento e il drammatico imperano.

Che cosa si intende quando si parla di educazione al bello?

Si intendono tutte quelle pratiche, quelle esperienze che un soggetto può mettere in atto per sperimentare e godere del bello inteso come un’esperienza profonda e necessaria all’animo umano, non solo di piacere estetico. Come spiega bene Stefano Zecchi, scrittore e docente di estetica all’Università degli Studi di Milano

“la vera bellezza è un valore culturale e relazionale profondo e si dovrebbe imparare a riconoscere il bello fin da bambini… I bambini hanno una capacità spiccata a comprendere come nel bello ci sia il buono”

Dietro a un’esperienza, un incontro con il bello, si attivano diversi stati emotivi

Ogni soggetto umano elabora - a livello percettivo, cognitivo ma anche con una assegnazione di valori - ciò che osserva e che accade intorno a lui. Parlare di bellezza come elemento educativo per la crescita dei bambini vuol dire da un lato sollecitare e stimolare in loro curiosità percettive e visione di immagini belle, di suoni armonici, di pensieri che nutrono e che fanno riflettere, dall’altro far esplorare loro esperienze relazionali emotivamente belle, alimentate da momenti significativi e affettivi.

Oggi a fronte del bombardamento al quale vengono sottoposti i più piccoli, credo che una delle vie percorribili per genitori, insegnanti, educatori sia quella dell’educazione a esperienze belle.

L’esperienza del bello però non ha solo una capacità compensativa ma alimenta negli adulti di domani la consapevolezza e il desiderio di costruire relazioni fondate su valori positivi come il rispetto, l’ascolto, la cura di sé e dell’altro. Inoltre il bello ha una qualità terapeutica, di cura e d’espressione del sé.

“ La bellezza resterà nella nostra civiltà come qualcosa che crea valore. Laddove non si generano cose c'è il nulla"    Stefano Zecchi

 

 

Francesca VavassoriFrancesca Vavassori è Psicologa iscritta all'Ordine degli Psicologi Lombardia. Oltre alla formazione in Psicologia si è laureata in Scienze dei Beni Culturali ad indirizzo storico artistico. Dall’inizio del suo percorso di studi si è orientata alla conoscenza della relazione tra psicologia e immagine.

Contatti: Tel: 329-0738734 e-mail: info@psicologovavassorimilano.it
www.psicologovavassorimilano.it

 

foto credit: foto copertina https://pixabay.com/it/users/Bessi-909086/

 

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