Mio figlio mi adora. Figli in ostaggio e genitori modello. Intervista a Laura Pigozzi

Mio figlio mi adora. Figli in ostaggio e genitori modello. Intervista a Laura Pigozzi

Perché, secondo Lei, è ritornato in modo prepotente il “mito della maternità naturale”? Perché alcuni comportamenti “abusanti” come il co-sleeping e l’allattamento protratto nel tempo è posto sotto l’aureola ideale della Natura?

Perché è un pensiero semplice. Oggi non siamo più abituati né al pensiero critico, né a porci domande e lasciare questioni aperte. La Natura, invece, dà risposte semplici, perché non è linguaggio, pensiero, cultura. Le risposte semplici vanno bene per i fortunati animali. L’uomo è più complesso: ogni suo atto naturale è intriso fin da subito di cultura.

Non è possibile parlare di istinto per l’uomo. Pensiamo all’animale: se ha fame, mangia. L’uomo non è così. L’uomo non ha fame e può mangiare, oppure ha fame e non mangia.

Noi siamo abitati dal linguaggio, dalla cultura e la pulsione umana segue anche delle vie che non sono di autoconservazione, ma di distruzione. Ovviamente occuparsi di questo, è complicato. Affermare, invece, che stiamo agendo secondo Natura è come dire che “abbiamo una mamma buona o un papà buono”.

Ci si dimentica che la Natura può essere distruttiva (pensiamo solo ai terremoti) e che ogni volta che abbiamo parlato di Natura, siamo stati in una dimensione totalitaria proprio perché il pensiero semplice è un pensiero totalitario. Quando da adulti viviamo un rapporto simbiotico e ci affidiamo a una persona come se fossimo dei neonati, siamo in preda a un discorso totalitario che può portare all’autodistruzione. Il nostro bisogno di essere neonati a molti appare come l’unico modo di vivere. Dunque, vivere “secondo Natura” è una rassicurazione immaginaria che non ci aiuta a saper gestire i nostri errori.

Quali sono questi segnali, quelle abitudini così frequenti che possiamo leggere come dei campanelli di allarme?

Faccio un esempio che esula dal materno. Quando vediamo degli animalisti che vorrebbero uccidere un carnivoro siamo di fronte a una forma di fondamentalismo, di fissità di un’idea, che non è troppo diversa, sul piano del funzionamento psichico, a quella dei militanti dell’Isis.

Dunque il pensiero naturale del tipo “tutto deve essere biologico” e poi abitiamo a Milano, “i pannolini sintetici vanno sostituiti con quelli da lavare a mano”, e poi non abbiamo più dei livelli igienici che consentano una scelta di questo tipo, sono assurdi. Il voler preparare le pappe in casa può rivelare ad esempio un senso di colpa della madre stessa.

Bisogna stare molto attenti quando l’uomo abdica alla sua Natura che è la Cultura e va a sposare la Natura di un altro, che non è la sua. Noi non abbiamo l’istinto dell’animale: se l’animale vede un predatore, scappa. Se una donna o un uomo vedono un predatore, non è detto che scappino… anzi a volte instaurano rapporti malati, sado-masochistici, che gli animali non metterebbero mai in atto.

Nel libro affronta il tema delle famiglie mono-parentali, argomento molto attuale e scrive che “sembrano rivelare il segreto di tutte le famiglie”, ossia il rapporto a due fra madre e figlio di natura claustrofilico. In che modo, dunque, secondo lei la famiglia monoparentale può evitare il rischio di un rapporto simbiotico?

In primo luogo cambiando il nome, perché il linguaggio non è senza effetti. Per le parole ci ammaliamo, per le parole guariamo… Una famiglia mono-genitoriale non esiste, perché è di per sé un ossimoro. Una famiglia comporta due adulti. Però, possiamo chiamarla “famiglia separata”; questo nome avrebbe il pregio di includere anche il genitore che non vive con i bambini che di solito, nel nostro ordinamento è il padre. Inoltre, all’interno di questa “famiglia separata” ci potrebbe essere anche una matrigna e un patrigno. “Famiglia separata” è una definizione più limpida di “famiglia allargata” che di per sé comprenderebbe anche gli zii, i nonni. Inoltre, disegna un nucleo in cui si sono instaurati anche altri legami.

Poi ricordiamo che il genitore separato, soprattutto quello che ha in affido il figlio, ha un compito in più: avere una vita. Ciò che va trasmesso ai ragazzi è che la mamma ha qualche cosa che le sta a cuore, al di là di loro. Questo è un punto capitale perché se c’è qualche cosa che interessa una madre oltre i figli, significa che la vita vale la pena di essere vissuta. Altrimenti si passa il messaggio che la vita e diventare grandi non è una gran cosa… Dunque, se una madre rimane con i figli, ha ancora più bisogno di avere una sua vita, che sia un partner, che siano delle amiche con cui uscire, degli interessi. Il consiglio è quello di aprire la famiglia: il mono suona male… anche nella musica.

Cosa significa avere responsabilità nei confronti di un figlio?

C’è un proverbio del Quebec che, è posto in esergo al libro, che spiega il mio pensiero: Solo due cose i genitori possono donare ai figli: le radici e le ali. Le radici è facile darle, mentre ciò che è veramente faticoso è donare le ali. Altrimenti in futuro si schianteranno e noi, pur rischiando di essere dura, penso che stiamo preparando una generazione di schiantati.

Cosa rappresenta una città come Milano per le famiglie?

La nostra è una città che ha una storia, è stata una città laboratorio. La città è il primo mondo su cui si muove il bambino, e deve essere un terreno su cui si impara a capire cosa sia l’alterità. La famiglia a poco a poco deve lasciare il posto alla città, in modo che i nostri figli diventino dei piccoli pionieri. Noi adulti spesso viviamo la città come “pericolosa”, mentre i bambini hanno ancora un rapporto spontaneo con il loro spazio. C’è una tendenza a rinchiudersi nel quartiere-paese, cosa che va bene solo in un primo momento in attesa di affacciarsi a ciò che sta fuori. Da alcune ricerche è emerso che i ragazzi all’uscita da scuola vengono inglobati in casa o in casa di un amico. Schema che si ripete nel fine settimana. Si fa un uso limitato degli spazi che la città può offrire… dobbiamo insegnargli a vivere i luoghi pubblici e a vivere la propria anima da esploratori.

 

Di Giovanna Canzi
31/01/2017

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