Mensa scolastica o pasto da casa: alla ricerca di nuove strade

Mensa scolastica o pasto da casa: alla ricerca di nuove strade

Alla sentenza della Corte d’appello di Torino, che riconosce ai bambini il diritto di consumare a scuola il pasto portato da casa - come peraltro già avviene durante l’intervallo - ne seguiranno sicuramente molte altre e senza dubbio saranno sempre più numerosi i refettori dove alcuni tavoli saranno riservati ai pasti da casa.

È difficile credere che qualcuno possa contrastare questa tendenza ora che i giudici torinesi hanno respinto il ricorso del MIUR.

Infatti, mentre genitori e insegnanti discutono, le aziende di ristorazione stanno già inoltrando preventivi per la sola assistenza degli alunni “col cestino”, come si diceva tanti anni fa.

Il vero timore, tuttavia, non è che vinca l’una o l’altra fazione. Quello che preoccupa di più è che le alternative a disposizione sembrino essere solo queste due,

nonostante esistano da tempo esperienze diverse, come quelle delle mense autogestite o di una didattica che valorizzi la conoscenza del cibo e la capacità di autoprodurlo, cosa su cui insistono da tempo le Nazioni Unite e la FAO .

Siamo davvero costretti a scegliere se accettare quei sistemi di refezione che non sono mai riusciti a fornire pasti al contempo equilibrati e appetitosi e che talvolta si arroccano su modelli alimentari anacronistici o, al contrario, rinunciare alle potenzialità educative del pasto scolastico condiviso e, come se non bastasse, sobbarcarci un carico di lavoro in più al mattino assumendoci perfino il rischio sanitario di questa scelta, visto che i pasti portati da casa non potranno essere refrigerati né riscaldati a scuola? Come diceva scherzosamente mio zio, preferiamo un calcio nel sedere o un dito in un occhio?

Rattrista che si discuta troppo poco di altre possibilità, come se queste non esistessero, come se non ci fossero mai state le commissioni mensa, che in alcune realtà hanno invece avuto un’influenza determinante per garantire servizi di qualità.

E se pretendessimo di riaprire le mense interne, gestite da piccole aziende di ristorazione locali oppure, perché no, da comunità di genitori? Se cercassimo di organizzarci insieme per trovare soluzioni di gruppo, magari concordando menu o cucinando a turno?

Se osassimo ricominciare a seminare utopie, a coltivare la fiducia nella capacità di noi cittadini di imboccare strade migliori di quelle volute da legislatori e burocrati, che ci vogliono far credere che la scelta sia solo tra il noi (la mensa pubblica) e l’io (il pasto da casa), mentre è evidente che quello che occorre non è il ripiego personale ma un diverso “noi”?

 

foto credit: U.S. Department of Agriculture 

 

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di Federica Buglioni, Bambini in Cucina


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