Maternità e lavoro: mamme alle prese con preoccupazioni e dubbi
Secondo l’Istat sono circa quattro milioni le mamme che si trovano a confrontarsi, contemporaneamente, con l’esperienza della maternità e l’impegno del lavoro.
È già durante il periodo della gravidanza che la neo mamma comincia a porsi il problema di ciò che avverrà dopo la nascita del bambino: la donna inizia dunque a vagliare tutte le opzioni possibili e, con esse, le conseguenze e gli impatti di tali scelte su se stessa e sul piccolo in arrivo.
Tre sono generalmente le possibili soluzioni prese in considerazione e talvolta accade che la decisione finale sia accompagnata da un vissuto di tensione, preoccupazione e senso di colpa:
restare a casa per poter prendersi cura personalmente del proprio figlio, lasciare il bambino ad una figura familiare, che spesso e volentieri coincide con i nonni, oppure trovare un asilo nido nelle vicinanze. Ognuna di queste soluzioni possibili mette la neo mamma di fronte a delle rinunce, differenti sono i vissuti che accompagnano le neo mamme alle prese con questa decisione sofferta. Nonostante il sacrificio economico alcune mamme scelgono di abbandonare la propria professione per dedicarsi a tempo pieno al lavoro di madre; nonostante talvolta si presentino sporadici rimpianti queste mamme sono convinte della propria decisione e rimangono dell’idea che abbandonare la carriera per l’esperienza di maternità sia stata per loro la scelta più gratificante.
Differente è invece la condizione di quelle donne, appena divenute mamme, che sono costrette ad un rientro a lavoro, obbligato e “soggettivamente” prematuro. Quando la questione lavorativa è in conflitto con l’esperienza di maternità questo rappresenta sempre fonte di disagio. È dunque possibile che molte mamme lavoratrici si sentano in colpa laddove non si sentono libere di scegliere ciò che realmente desiderano e fanno dell’obbligo lavorativo una vera e propria costrizione rispetto alla quale non possono far diversamente.
Al contrario le madri che possono scegliere di lasciare il lavoro, o addirittura sono costrette a farlo, possono vivere una condizione iniziale di isolamento e solitudine, laddove il lavoro poteva rappresentare per queste un’uscita, una possibilità di rientrare nel mondo sociale e lavorativo per poter così avvertire la mancanza del figlio e vivere gioiosamente il momento del ritorno a casa.
Differente, ma ugualmente importante, la questione dell’affidare il proprio figlio ad un familiare piuttosto che ad un asilo nido vicino, una scelta che ha a che fare con la responsabilità genitoriale rispetto alla scelta di un altro a cui il bambino sarà affidato; si tratta dunque di dare fiducia ad un altro che non assolva la funzione genitoriale, che è propria sola di mamma e papà, ma di un altro che possa accudire il bambino.
Come spesso accade non esiste un'unica soluzione alla domanda “mamma lavoratrice o mamma full time?”: non esistono risposte prestabilite rispetto a cosa sia giusto oppure sbagliato, non esistono soluzioni ottimali e universalmente riconosciute, ma solo dei compromessi, più o meno buoni, a seconda dei propri vissuti, dei propri bisogni, delle proprie capacità e dei propri desideri.
Gran parte di confusione e di angoscia vissuta al giorno d’oggi dalle mamme è da imputare in primo luogo ad un discorso sociale: ciò a cui si vuole ambire è all’immagine di una donna e di una mamma perfetta: una donna, una mamma, una moglie, una manager senza alcun tipo di macchia;
ed è proprio il tentativo di far combaciare tutte queste identità, mirando ad un’immagine di sé impeccabile e perfetta, che genera nella donna un vissuto di insoddisfazione e di frustrazione con la conseguente messa in dubbio delle proprie capacità come donna e come madre.
A cura di:
Associazione Pollicino e Centro Crisi Genitori Onlus
Via Amedeo D’Aosta, 6 - Milano
info@pollicinoonlus.it - www.pollicinoonlus.it
Numero Verde: 800.644.622
foto credit: Aurimas Mikalauskas