A proposito del Manifesto dei diritti alimentari dei bambini…

Come associazione che si occupa da anni della prevenzione e della cura dei disordini alimentari, volevamo intanto complimentarci, anche se con un po’ di ritardo, con gli autori del Manifesto dei diritti alimentari dei bambini perché, nei nove punti di cui si compone, sono state toccate tematiche importantissime, soprattutto per quanto riguarda la relazione che il bambino può avere con il cibo in alcuni contesti, come quelli educativi ed ospedalieri. A cura dell'associazione Pollicino e Centro Crisi Genitori Onlus


A proposito di qualità del cibo, vengono in mente, ad esempio, le numerose critiche rivolte negli ultimi anni alle ditte responsabili della ristorazione delle scuole milanesi, oppure la poca attenzione che viene data all’alimentazione infantile in alcuni reparti di pediatria, in cui vengono servite ai piccoli degenti le stesse pietanze che vengono proposte agli adulti.

In particolare, per quanto riguarda la scuola, occuparsi della mensa scolastica è importante non solo per quanto riguarda gli aspetti qualitativi e nutrizionali del pasto, ma anche per poter restituire alla mensa la veste sociale, culturale e piacevole della convivialità.

Ma che cos’è la convivialità?

E’ il piacere che deriva dallo stare con gli altri. Il pasto conviviale è quello in cui ci si confronta assaporando gusti e alimenti che hanno una storia e un significato simbolico legato alle tradizioni locali e rituali della società di appartenenza, che si tramandano.

Tre sono gli ingredienti che dovrebbero essere ben amalgamati per fare del pasto un’esperienza conviviale:

1) Il gusto di mangiare: ossia il piacere di assaporare pietanze varie, cogliendone la consistenza, il profumo, il colore. Infatti il cibo non è solo buono o cattivo, ma produce anche molteplici sensazioni più o meno piacevoli: può essere, ad esempio, croccante o molle, salato o insipido, aspro o dolce.


2) Il piacere di ricevere e accettare il cibo insieme agli altri. Questo piacere è legato all’avere un proprio posto a tavola all’interno del gruppo (la classe o la famiglia), alla conversazione, alla possibilità di incontrare nel pasto la dimensione dell’accettazione del dono, rappresentata dal cibo.


3) Le regole della tavola. Nel passaggio dal seggiolone alla tavola il bambino incontra progressivamente una serie di regole, come l’impiego delle posate, la successione delle portate ma anche lo stare composti, non portare a tavola quanto non c’entra con il pasto, aspettare i commensali.

La scuola e i diritti alimentari dei bambini

In realtà la mensa scolastica, come la tavola familiare dei bambini di oggi, è meno abitata dall’amalgamarsi di queste tre componenti e la mensa scolastica spesso è spogliata della veste conviviale.

Quello che si osserva è che l’istituzione scolastica vive oggi un disorientamento, e spesso una solitudine, rispetto all’esigenza di conciliare il patto educativo con le linee guida nutrizionali e le svariate richieste genitoriali, legate alle abitudini e alle culture di ogni famiglia.

Ricordiamo che cena, pranzo e colazione sono tra i pochi momenti rituali rimasti in cui i bambini hanno occasione di trovare una possibile coniugazione di disciplina e affettività, e il pranzo è quello che avviene più frequentemente fuori della famiglia.

Dunque proprio la mensa scolastica, su cui spesso purtroppo si scontrano le divergenti posizioni di scuola e famiglie, racchiude invece una funzione importante nell’esperienza che i bambini fanno del pasto.


La famiglia e il Manifesto

Alcune perplessità ci desta invece la proposta, contenuta nel Manifesto, di trasferire anche alle abitudini domestiche “i diritti alimentari” dei bambini: infatti, mentre riteniamo che sia molto utile parlare di diritti ad esempio nei contesti educativi, pensiamo che sia invece rischioso applicare questa stessa prospettiva alla famiglia, dato che il diritto di un bambino allude alla colpa del genitore che non adempie al suo dovere.

Ad esempio, per quanto riguarda il diritto alla convivialità, sappiamo che in molte famiglie spesso i genitori e i figli non mangiano insieme, ma non per questo tali persone si devono ritenere dei cattivi genitori.

Ci sembra più utile, invece, invitare i genitori ad interrogarsi sui punti sottolineati da questo Manifesto senza colpevolizzarsi.

Come ci ricorda lo psicoanalista D.Winnicott, il bambino non ha bisogno di un genitore perfetto – anche perché i genitori perfetti non esistono! – ma di un genitore “sufficientemente buono”.


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