Bimbi famelici
Se per quanto riguarda l’obesità adulta l’Italia si colloca nelle medie europee, per quanto concerne quella infantile (al di sotto dei 14 anni) il nostro Paese sembra dominare le classifiche.
Dal Rapporto sulla salute del bambino in Italia pubblicato nel 2005, è risultato infatti che il 36% dei bambini italiani di 9 anni risulta sovrappeso, di cui il 12% è decisamente obeso.
E’ dimostrato che la probabilità di un bambino obeso in età precoce di rimanere tale in età adulta è doppia rispetto a un bambino che alla stessa età è normopeso.
Le cause dell’obesità
L’obesità infantile si può classificare in tre macro categorie sulla base delle cause:
- Obesità endogena, da ricondursi a una specifica eziologia organica, è spesso associata ad altri sintomi.
- Obesità esogena, causata ad esempio da un eccessivo apporto calorico, frutto di una scorretta educazione alimentare, o da una vulnerabilità familiare all’obesità, a cui spesso si associano caratteristiche di personalità del bambino.
- Obesità psicogena, che nasce più come risposta a difficoltà o disagi di tipo psicologico.
Nella maggioranza dei casi l’obesità ha comunque un’origine multifattoriale, in cui si intrecciano fattori ereditari, psicologici e abitudini alimentari scorrette.
L’obesità infantile è un’allarmante fattore predittivo dell’obesità in età adulta, soprattutto nel genere maschile e tale continuità porta con sé gravi conseguenze, quali la possibile comparsa di insulino- resistenza prolungata, ipertensione e alterazioni metaboliche.
L’importanza della prevenzione
Ecco perché è fondamentale la prevenzione primaria. Prevenire è meglio che curare e nell’infanzia è un’operazione possibile!
Le autorità sanitarie sono sempre più consapevoli degli indubbi vantaggi della prevenzione anche nel campo dell’alimentazione, operazione che implica sempre la multidisciplinarietà degli approcci e la collaborazione di diverse figure specialistiche.
Prevenire significa quindi sensibilizzare i genitori e gli operatori dell’infanzia sui vari aspetti psicologici, affettivi legati all’alimentazione e sempre implicati nei disordini alimentari.
Prevenire significa anche restituire ai genitori la fiducia nelle proprie capacità di cogliere quei segnali di malessere, di disagio, che spesso precedono lo sviluppo di un disturbo alimentare per cercare di interrogarli e provare a rispondere al malessere del bambino.
Obesità infantile: una patologia della separazione
In una prospettiva psicoanalitica i bambini obesi mostrano una particolare difficoltà ad accedere al “No”, ad assumere una posizione oppositiva rispetto alle richieste dell’altro.
La loro accondiscendenza implica una profonda difficoltà a separarsi attraverso il rifiuto. Infatti il bambino obeso è vincolato alla domanda dell’altro e spinto a dover dire sempre “Sì” ed è così anche con il cibo, oggetto che sembra imporsi su di loro.
Spesso infatti questi bambini affermano che: “ è più forte di me…ho fame!”. In questa prospettiva l’obesità, in quanto patologia della separazione, ha una maggior incidenza nell’infanzia proprio in quanto il bambino è in una posizione di dipendenza. Rimanendo incollato all’altro, il suo corpo-grasso si costituisce gradatamente come una sorta di “fortezza” di difesa rispetto al volere e allo sguardo dell’altro. Il piccolo difende se stesso dalla domanda dell’altro e, nello stesso tempo, si difende rispetto alle proprie emozioni mettendole a distanza.
Quando il cibo è un sostituto dell’amore
Situazione diversa è quella in cui il cibo rappresenta un sostituto dell’amore che non si è adeguatamente ricevuto all’interno della propria famiglia, forse perché lasciati troppo soli. Il cibo diventa allora un valido compagno e una difesa alla tristezza, ma anche un appello all’essere guardati. I chili in più a volte sono preservati, in quanto vissuti come ”cuscinetti” che proteggono il bambino dalla rischiosa relazione con l’altro.
Il vuoto del cuore viene scambiato erroneamente per il vuoto dello stomaco e riempito con il cibo invece che con la parola. Il bambino obeso è spesso incapace di riconoscere le proprie sensazioni interne e tende a rispondervi utilizzando il cibo in maniera indifferenziata, proprio a partire dal fatto che nella sua infanzia ha sperimentato il cibo come soluzione generalizzata a qualunque suo stato interno. Il cibo utilizzato dai genitori come passe-partout crea infatti nei bambini una confusione tra il piano dei bisogni e quello dei desideri, dando l’idea che il cibo sia una sorta di oggetto magico, in grado di alleviare qualsiasi sofferenza
L’ ostentazione di un’immagine indesiderabile spesso cela vissuti di inadeguatezza e la volontà di essere amato e accettato per quello che si è realmente. Il corpo-grasso è uno strumento per interrogare il desiderio dell’altro, per verificare il suo valore di soggetto nel desiderio dell’altro al di là del suo corpo oggettivo: “mi ami lo stesso anche se sono grasso?”.
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